Abbiamo finalmente superato, con non poca fatica e noia, la metà della prima di stagione di Westworld, una serie estremamente interessante e complessa (per il suo schema narrativo e per la tematica, più che per la trama in sé), e forse per questo particolarmente faticosa e complicata da gestire, almeno nelle sue prime puntate.
Tuttavia ad un certo punto arriva il momento in cui bisogna andare avanti e cominciare sia ad innalzare la qualità sia a spingere sull’acceleratore e The Adversary riesce con successo a fare entrambe le cose dando un nuovo tono alla serie e facendo notare la transizione verso una nuova fase.
La sesta puntata è la prima in cui innanzitutto non è riscontrabile quella terribile ripetitività (chiaramente necessaria e voluta) che aveva contraddistinto gli episodi precedenti, e così la storia sembra finalmente andare a tutti gli effetti avanti e non continuare a ritornare, dopo un piccolo giretto, allo stesso punto.
Le storyline che vengono tralasciate in questa puntata sono diverse: non solo non vediamo gli ospiti di Westworld e con essi non vediamo nemmeno la cara Dolores, ma vi sono anche altre trame che vengono temporaneamente lasciate in stand by, ma che probabilmente avranno presto degli sviluppi e delle risposte, come ad esempio quella degli scienziati che sono visti e venerati come delle divinità in Westworld; tuttavia questo è un bene, anche perché gettare la mole di spunti, che possono essere ripescati qua e là dalle varie puntate, in una sola potrebbe causare non poca confusione.
Dunque al centro della puntata ci sono principalmente due filoni, la storia di Maeve e la storia dello spionaggio industriale, che procedono in maniera piuttosto significativa, ad esse si aggiungono anche altre due trame che vedono da una parte il ritorno del direttore narrativo Lee Sizemore e dall’altro il proseguimento (molto poco significativo in questo caso) del cammino di Teddy con “L’uomo in nero”.
Le storyline più analizzate risultano essere per tutta la puntata le più affascinanti ed intriganti: le sequenze con Maeve risultano essere le normali conseguenze di ciò che avevamo già visto in precedenza, uno sviluppo piuttosto lineare, ma in questo caso sono la fotografia e la bellissima colonna sonora a farci tenere gli occhi incollati allo schermo, mentre a mano a mano incuriosirà sempre di più la consapevolezza sempre maggiore di Maeve, e con essa il suo sempre più grande potere che comincia ad avere tra le mani; invece la storia dello spionaggio industriale permette di incontrare nuovamente Anthony Hopkins (sempre magnetico) e con lui, come ormai è consuetudine, in modo indiretto il passato di Arnold.
Forse la parte più debole in questa puntata risulta essere proprio quella de “L’uomo in nero” e di Teddy, di cui forse non si sentiva così tanto la necessità, ma d’altra parte sarebbe potuto essere dannoso mettere in stand-by anche questa storyline.
La regia di Fred Toye è convincente e si inizia anche a far respirare quell’aria di prodotto della Bad Robot che tanto mancava a Westworld, prodotto fin troppo HBO che sembrava perfino aver modificato le caratteristiche tipiche dello stesso Nolan: Toye è un vecchio conoscente di Abrams innanzitutto, ha iniziato il connubio con lui addirittura ai tempi di Alias e poi di Lost, per non abbandonarlo mai e seguirlo in qualsiasi suo progetto, segnando degli episodi degni di nota in Fringe e poi anche in Person of Interest (l’ultimo episodio che ha firmato per la prima creatura di Nolan è stato proprio il centesimo di quest’anno), e in generale è uno dei più grandi direttori della broadcast television, infatti lo ritroviamo regista anche di diversi episodi di The Good Wife.
Era questo che mancava a Westworld: un pochino di ritmo e un pochino in più di sapore broadcast per risultare meno seriosa e lenta, come gran parte delle produzioni cable.
Dunque un cambio di marcia che riesce ottimamente grazie alla prima puntata veramente bella di questa serie, la prima puntata che effettivamente fa pensare che alle spalle ci siano due nomi come Nolan e Abrams, la prima che riesce a non annoiare, ma affascinare: oltre alle sempre ottime interpretazioni degli attori e alla buona fattura del prodotto, che può vantare fra le tante cose una colonna sonora – stupenda durante la sequenza della passeggiata di Maeve – sempre più presente e importante, finalmente c’è anche una storia che comincia a correre con i suoi colpi di scena.
Tuttavia è impossibile dire se dalla prossima puntata Westworld tornerà ad essere quello della prima metà, auspicabilmente no, o se questo sarà un nuovo trend e un cambiamento definitivo.
Speriamo che con la qualità comincino a salire sempre di più anche gli ascolti.
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